“Un romanziere […] non ha bisogno di preoccuparsi della
propria morale. Si trova già lì, cioè da qualche parte; la morale e i critici
possono dunque preoccuparsi ognuno dei fatti propri”.
Dopo questa considerazione di Edgar Allan Poe, nelle prime pagine del
racconto Mai scommettere la testa con il diavolo, dovremmo abbassare il
monitor sulla tastiera.
Questa recensione non ha ragione di essere scritta e forse neanche la
ripubblicazione del racconto di Poe, visto che le illustrazioni di Giacomo Garelli sono una
reinterpretazione alla storia dello scrittore inquadrato nel genere gotico; una
rilettura è pur sempre la ricerca di un senso nascosto e irrivelato che è portato
alla luce grazie alla scoperta di un critico illuminato o al disegno di colto
illustratore come Garelli.
Come non condividere le remore alla critica di Poe? L’opera d’arte è sezionata,
rimescolata prima da editor altalenanti tra la ricerca di un nuovo linguaggio e
il desiderio di trasformarlo in qualcosa di proprio e poi gli stessi esperti,
ma stavolta dall’altra parte, sono attenti a stigmatizzare ogni parola
dell’artista, perché bisognerebbe ricordarlo che uno scrittore è un artista. Ha
senso che uno scrittore sensibile, capace di inventare generi letterari nuovi e
di trascurare le banalità, malversato dai critici, abbia dovuto trovare il
luogo per difendersi da questa pedanteria che non riesce neanche oggi ad
abbandonare la congerie che ama definirsi colta.


Ed è per questo motivo, proprio per ricordare cosa è la critica per un
artista che ha senso ripubblicare le opere dei grandi. Orecchio Acerbo usa una
doppia lettura quella dello scrittore, ritradotto da Elena Fantasia, e quella delle immagini di Giacomo Garelli. I due
autori si sposano benissimo, se lo scrittore di Boston nell’incipit del
racconto dimostra di conoscere bene la letteratura a lui contemporanea, tanto
da giocarci e usare quell’ironia che lui stesso non è in grado di riconoscere
nei suoi lavori, così Garelli attraversa le parole di Poe e le ridipinge usando
citazioni alte ritrovabili nelle opere di Magritte e Munch e visualizzando la
voce narrante con il volto dello stesso scrittore.
In Marginalia,
Poe scrive che “come regola generale, nessuno
scrittore dovrebbe far figurare il suo ritratto nelle sue opere. Quando i
lettori hanno gettato un’occhiata alla fisionomia dell'autore, di rado riescono
a mantenersi seri”, e Garelli dimostra che non è necessario rimanere seri
di fronte alla letteratura alta, forse Poe costretto da un’inestricabile
depressione non poteva vedere quanto riuscisse a trasformare il serio in
ironico. A denti stretti ammetteva in una lettera a un suo ammiratore: “Dopotutto potrebbe essere vero che i miei
racconti siano scritti per scherzare anche se è possibile che questo scopo sia
rimasto ignoto in parte anche a me”.
Anche Manganelli, storico traduttore di Poe per Einaudi, scriveva: “non credo si sia lontani dal vero supponendo
che i suoi racconti del terrore fossero anche dei divertimenti” o forse
questa è solo l’ennesima lettura critica assolutamente inutile all’opera
d’arte, ma vedere lo stesso scrittore scavare nel cimitero profanando la tomba
del suo personaggio è l’omaggio a un autore che forse per troppa empatia non
riuscì a ridere del dramma che scriveva.
Il giovane illustratore anconetano sceglie l’arte surreale per una
scrittura che è onirica. Tutto diventa soggettivo, ecco perché Garelli cita il
Surrelismo e l’Espressionismo, e per questo tutto può essere riletto, così un
nuovo scopo potrà essere ritrovato dal prossimo lettore, così come Fellini
lesse e immaginò in Tre passi nel delirio
il suo Toby Dammit, lo scommettitore che ci lascia la testa, come una star
inglese alcolizzata, alter ego dello scrittore morto di alcolismo. Riletture,
citazioni, omaggi e rimandi; forse è più importante riscoprire questo nelle
opere d’arte più che le esigenze della critica e del pubblico, e non affannarci
nell’individuare un fine o un’estetica condivisa.
“In breve, è stato dimostrato che
nessuno può mettersi a scrivere senza uno scopo assai profondo. Questa scoperta
libera gli autori da tanti affanni. Un romanziere, ad esempio, non ha bisogno
di preoccuparsi della propria morale”.
Se altri artisti reinterpretano Edgar Allan Poe soprattutto i critici
dovrebbero rileggere Mai scommettere la
testa con il diavolo e stare attenti che la propria ragione rimanga
attaccata saldamente sul collo.
Edgar
Allan Poe con le illustrazioni di Giacomo Garelli, Mai scommettere la testa con il diavolo, Orecchio Acerbo,
pag. 52, € 15,00
Rossana
Calbi
Se l'articolo ti è piaciuto, iscriviti ai feed per tenerti sempre aggiornato sui nuovi contenuti del magazine, oppure diventa fan della nostra pagina facebook e seguici su twitter. Se hai la passione per la fotografia non perderti il nostro gruppo su flickr e seguici su instagram. |
0 commenti :
Posta un commento
Cosa ne pensi? Hai idee migliori?